Altitudine: 495 m. s.l.m.
Beni culturali:
- Chiesa parrocchiale di S. Donnino XII sec. (patrono: 9 ottobre);
- Campovecchio, oratorio di S. Antonio abate XVIII sec.;
- Cigarello, case a torre XVII sec.;
- Mulinetto, struttura a torre;
- Resigno, complesso con casa-torre del XVI sec.;
- Riana, nucleo rurale con case a torre;
- Sorchio, casa-torre XVII sec.
Escursioni naturalistiche: Castagneti di Campovecchio; “Sentiero Matilde”.
San Donnino si estende sul fianco occidentale dello spartiacque del Tresinaro ed è solcata in buona parte dal bacino idrografico del torrente stesso, cui si aggiungono le acque freschissime di ruscelli provenienti dalle colline del crinale meridionale.
Dal punto di vista ambientale e paesaggistico, la zona si distingue per un fascino tutto suo, dovuto in particolare ad una vegetazione varia e rigogliosa. La terra è ondulata in piccole colline, plasmate lungo i secoli in singolari geometrie dal lavoro paziente dell’uomo; ovunque troviamo fertili distese agrarie e importanti allevamenti di bovini e suini, la cui conduzione consente ancora la produzione di prodotti tipici come il Parmigiano-Reggiano o le carni e i salumi utilizzati in larga misura nella cucina tipica locale. Questa antica vallata apparteneva a Carpineti sin dal tempo dei Canossa e venne citata in un documento del 1240, allorché diciotto uomini di S. Donnino prestarono giuramento di fedeltà al comune di Reggio.
Dal 1600 al 1700 S. Donnino divenne parte integrante del feudo della famiglia Fontanelli, con una popolazione che sfiorava le cinquecento unità.
Danno la dimensione del suo vivo passato le significative emergenze culturali e architettoniche che caratterizzano i diversi percorsi storici, dove fanno ancora bella mostra case a torre ed edifici religiosi.
Rappresenta notevole motivo d’ interesse la chiesa parrocchiale che troviamo incuneata nella raccolta valle del Tresinaro, in una posizione isolata tra i prati.
Già nominata nel 1191 e compresa nelle decime del 1302 tra le dipendenze della pieve di S. Vitale, fu voluta, secondo la tradizione, dalla contessa Matilde: presenta, infatti, specie nel portale, tutti i caratteri stilistici del periodo canossano, riscontrabili peraltro sul territorio in manufatti coevi che si distinguono per linearità, strutture semplici e pietre rigorosamente squadrate.
La facciata a capanna conserva sui lati del portale ad arco due semicolonne a sostegno di altrettanti capitelli ben lavorati, ma erosi in più punti dalle intemperie.
Il capitello di sinistra presenta un collarino a torciglione ormai cancellato e una sequenza di tre motivi a palmette cucite a due fili, estremamente rigide e schematizzate, terminanti con un doppio giro di dentelli; quello di destra è caratterizzato da intrecci a tre nastri.
Sull’architrave poggia una lunetta circondata da un intreccio vimineo a quattro giunchi. Il parametro in arenaria ha pietre disposte su file parallele che recano i segni del restauro avvenuto nel 1596, a seguito del crollo del campanile sulla canonica e sulla chiesa. L’interno è costituito da un’unica navata con decori tipicamente secenteschi. Il campanile, ricostruito nel ‘700, sorge sul fianco settentrionale della canonica con una struttura slanciata ed imponente; la cella campanaria a monofore racchiude campane fuse nella vicina Sorchio, dove testimonianze attendibili danno per certa l’esistenza, in passato, di una piccola fonderia.
Una località sulla quale puntare il nostro interesse è Cigarello, per una singolare coppia di case a torre del XVII sec. rivolte rispettivamente sulle direttrici Carpineti-Pantano e Cigarello-Onfiano, un crocicchio importante sul quale gli abitanti delle torre esercitavano un autentico controllo per garantirsi il massimo della sicurezza in tempi non certo tranquilli.
Si raggiunge anche a piedi il significativo borgo di Sorchio, dove troviamo una corte rurale con monumentale casa-torre del XVII sec. definita la più importante di tutto l’Appennino reggiano, per le rifiniture di notevole pregio e l’imponente sviluppo su cinque livelli che la rende elemento dominante della vallata. L’affianca un elegante edificio con porticato del XVIII sec. a cinque arcate, impostato su colonne scannellate e decorato nella parete interna con pitture raffiguranti paesaggi.
Meritevole di una visita è pure il nucleo di origine medievale di Riana, che si trova racchiuso e protetto da colli scoscesi sulla sinistra del rio omonimo, a sud della chiesetta di S. Donnino.
Spiccano nell’abitato ben tre case a torre, una delle quali, ad impianto tipicamente cinquecentesco, si sviluppa su quattro livelli, con finestre riquadrate in arenaria; su uno spigolo si notano tre conci decorati con incisioni benaugurali. Il fronte dell’edificio è stato però deturpato da un improprio intervento edilizio dove rampe cementizie zigzaganti hanno cancellato l’originario balchio d’accesso al primo piano.
Se le case a torre non hanno finito di stupire, si potrà ammirare lo splendido palazzo con torre di Resigno, su un’aperta collina alla sinistra del rio Riana.
Il complesso di grande pregio è articolato a corte e comprende un oratorio settecentesco, interessanti rustici di servizio e un palazzo imponente sviluppato su tre livelli. La torre slanciata termina con colombaia decorata da un bel rosone a ruota in laterizio. Sul tetto a quattro falde s’imposta un leggero campaniletto a vela.
Agli appassionati di escursioni nel verde si consiglia di raggiungere i secolari e ordinatissimi castagneti da frutto di Campovecchio, dove innumerevoli sentieri percorribili a piedi, a cavallo e in bici conducono a silenziosi metati nascosti nel bosco, caratterizzato da rare fioriture di orchidacee ed altre tipiche varietà del territorio collinare. Molto interessanti anche gli scorci di paesaggio offerti sui territori di Marola e Pantano o sulle intere vallate del Secchia e del Tresinaro, una volta giunti sul crinale.
Non va dimenticato che in località Cigarello è possibile imboccare l’antico “Sentiero Matilde”, che conduce presso La Costa, scende a S. Donnino, prosegue per Riana, risale a Carpineti e, volendo, si collega al castello e a tutta la vallata del Secchia.
da “Conoscere Carpineti” di Diva Valli e Stefania Beretti