Altitudine: 687 m. s.l.m.
Beni culturali:
- Chiesa parrocchiale S. Pietro apostolo XVII sec.;
- Monte Valestra, Oratorio di S. Michele, Oratorio di S. Maria Maddalena XVII sec.;
- S. Maria Maddalena, “Grotta del Diavolo”;
- S. Michele, grotte: “F. Malavolti”, “Delle Stalattiti”, “S. Michele” e sito
- Archeologico Età del bronzo IX sec. a.C.;
- Montelago, palazzo Manodori XVI sec.
Escursioni naturalistiche: Monte Valestra, Montelago, La Costa, Piola, La Villa, La Fredda.
Principali manifestazioni: Monte Valestra: Festa di S. Maria Maddalena (luglio); Oratorio S. Michele: S. Messa e colazione nel bosco (1^ domenica di Agosto).
Acquistare: Pane, focaccia, dolci, carni bovine, ovine (“barzigole”) e suine, salumi tipici ( “violino”), Parmigiano-Reggiano.
Il territorio balestrino si estende nella vallata del fiume Secchia e del torrente Tresinaro sui versanti del monte Valestra, definito “sacro” per il suo richiamo magico nato da un intreccio di storia e leggende che si perdono nella memoria del lontano passato. L’importante rilievo dà inizio a levante alla dorsale che attraversa e abbellisce tutto il comune, fino a congiungersi alla cima del monte Fosola a ponente: per la sua forma massiccia e tondeggiante è visibile e riconoscibile da buona parte della provincia. L’interesse che esso suscita risiede sia nell’intrinseca bellezza del fitto manto di castagni, carpini e noccioli, che nella possibilità di spaziare, dai balconi naturali della sua sommità, su panorami fantastici che vanno dalla città di Modena alle Alpi, dalla catena appenninica tosco-emiliana alla Pietra di Bismantova. Il primitivo insediamento di queste terre avvenne sul monte Valestra (Balista Mons) nella media-tarda Età del Bronzo (IX – VIII sec. a.C.) ad opera dei Liguri, una comunità numerosa ben organizzata di cui rimangono molteplici testimonianze nella zona di S. Michele: oggetti in ceramica, vasellame, utensili in osso, ora conservati nei Civici Musei di Reggio Emilia.*
In seguito alla sottomissione della popolazione autoctona ai Romani, avvenuta nel 176 a.C. e successivamente con il governo bizantino e longobardo, questi luoghi ebbero ad accrescere il loro prestigio, consolidato peraltro dall’importante via di transito che raccordava la Pianura Padana al Passo di Pradarena e alla Garfagnana, per continuare fino a Roma.
Di Valestra si fecero ampie e particolareggiate descrizioni di fatti e luoghi negli scritti dello storico romano Tito Livio e del poeta latino Virgilio, il cui passaggio in Valestra viene attestato nel volume del 1100 di Donizone, “Vita Mathildis”.
Nella zona circostante il sito archeologico di S. Michele, troviamo tre importanti grotte di origine tettonica: “Grotta F. Malavolti”, con uno sviluppo di metri 470 ed una profondità di metri 72, “Grotta delle Stalattiti” , con metri 60 di sviluppo e 20 di profondità e “Grotta di S. Michele”.
Proseguendo sul sentiero in direzione est, nei pressi dell’oratorio di S. Maria Maddalena scopriremo infine la “Grotta del Diavolo”.**
Tutte le grotte offrono elevati motivi di interesse, ma considerando alcune difficoltà di percorso, se ne consiglia l’esplorazione solo se adeguatamente attrezzati e accompagnati da esperti speleologi.
Rimanendo invece sul monte Valestra, incontreremo un piccolo oratorio di origine pre-matildica dedicato a S. Michele, santo molto caro ai longobardi.
Dopo anni di abbandono, l’oratorio è stato recentemente ristrutturato e riconsacrato su interessamento di persone del luogo, che hanno sapientemente coinvolto volontari delle parrocchie vicine, istituzioni e amici della provincia nel recupero di questo importante bene culturale.
L’interno custodisce una preziosa mensa d’altare medievale, che è possibile ammirare ogni anno nella prima domenica d’agosto, quando si celebra, nel sagrato antistante, la funzione in onore di S. Michele cui segue una solenne processione con la statua dell’Arcangelo.
Sul fronte della cappella è esposta una lastra lapidea portante la scritta. DIVO MICHAELI ARCH. IN SAXETO DICATUM ERECTUM ANTE MCXLV REST (AURATUM) A.D. 1999.
Per i pellegrini pervenuti quassù, la pro-loco di Valestra, quasi intuendone il desiderio di restare nel fresco del bosco, organizza un simpatico pranzo all’aperto con prodotti tipici locali da gustare in compagnia.
Per i pellegrini pervenuti quassù, la pro-loco di Valestra, quasi intuendone il desiderio di restare nel fresco del bosco, organizza un simpatico pranzo all’aperto con prodotti tipici locali da gustare in compagnia.
La stessa pro-loco si preoccupa di ripulire, all’inizio dell’estate, l’ampio sentiero in salita che, dopo poche centinaia di metri, conduce alla cappella secentesca dedicata a S. Maria Maddalena, edificata su un preesistente romitorio del 1300.
Ogni anno la devozione e il culto popolare fanno affluire quassù centinaia di pellegrini nella domenica del 22 luglio oppure, se la ricorrenza della santa non coincide con la domenica, nella festività successiva.
L’apertura della festa avviene la sera del sabato quando, vicino all’oratorio, si accende un imponente falò visibile anche dalla pianura. Il giorno successivo, dopo la S. Messa, nello spiazzo antistante la chiesa viene allestita una vera e propria cucina da campo per la preparazione di stuzzicanti piatti tipici da gustare insieme nel bosco.
In un luogo così ricco di storia e tradizioni non potevano mancare piacevoli leggende, tramandate oralmente da tempi remoti in diverse e avvincenti versioni. Si racconta infatti che uno spaccalegna-carbonaio vissuto nel periodo matildico, mentre riposava brevemente sul monte Valestra, avesse notato poco distante un involucro contenente una mano d’oro. Con grande emozione l’uomo la portò a casa e la mostrò ai fratelli, i quali decisero di tenere segreta la notizia e vendere al più presto il prezioso oggetto. Quando sulla strada passò un ricco mercante, vendettero il tesoro e ne ricavarono parecchie monete, che consentirono alla famiglia di iniziare una certa ascesa sociale.
Già nel 1145 nella zona si distingueva un casato, che volle chiamarsi Manodori, il cui emblema stemmato recava una mano con tre monete, un aquila, una stella ed il motto: MAN AUR DEI SI GRASI BAL MON EST ( La mano d’oro ha dato il nome a questa famiglia grazie al monte Valestra).
I successori abitarono nel ‘500 a Montelago in una casa-torre e nel ‘700 nel bel palazzo adiacente: tra i suoi componenti si ricorda oggi Pietro Manodori, nato a Valestra nel 1817, uomo aperto ed attivo che fondò a Reggio Emilia la Cassa di Risparmio e fu eletto sindaco della città, Consigliere provinciale e Presidente del Monte di Pietà. Sensibile alle esigenze ed ai problemi sociali, fondò inoltre asili d’infanzia, scuole di puerizia ed una Casa della carità.
Come ultima testimonianza citeremo, tra i beni culturali di Valestra, la chiesa parrocchiale di S. Pietro, ricostruita nel Seicento su una preesistente chiesa del 1302.
L’interno conserva antichi quadri ad olio e nella sagrestia un capitello proveniente dalla pieve di S. Vitale, successivamente scavato per ricavarne un lavamani.
*L’archeologia:
La lontana presenza dell’uomo in queste terre ha lasciato tangibili testimonianze sul monte Valestra, nei pressi dell’oratorio di San Michele, dove sono stati rinvenuti importanti elementi archeologici che confermano la presenza di un villaggio preistorico risalente alla media-tarda Età del Bronzo (IX – VIII sec. a.C.) e all’Età del Ferro (VII sec. a.C.). L’insediamento è piuttosto esteso e si sviluppa a ridosso di una parete rocciosa che pare fungesse da riparo naturale, per quei primi antenati dei Liguri, contro possibili aggressioni.
L’esposizione è rivolta a sud-est offrendo un’ottima protezione dai venti freddi settentrionali, soprattutto nei periodi in cui il clima non era molto dolce. Autorizzato dalla Sovrintendenza alle Antichità di Bologna, nel 1965 e nel 1972, il gruppo archeologico “F. Malavolti” del CAI di Modena ha intrapreso una serie di scavi, scendendo nel terreno fino a quattro metri di profondità. In fase di scavo sono apparsi tre distinti strati archeologici ricchi di manufatti in ceramica, osso e corno. Gli esami cui sono stati sottoposti i vari reperti hanno offerto risultati di notevole interesse, confermando l’esistenza di una comunità molto attiva.
Pur essendo oggi carente la quantità di acqua sul sito archeologico, il III strato, con le sue forti concrezioni calcaree, ne ha evidenziato un’abbondante presenza.
I primi studi compiuti dal comitato scientifico modenese sugli importanti ritrovamenti osteologici e paleobotanici ci hanno trasmesso notizie alquanto preziose: i reperti ritrovati hanno messo in evidenza la presenza di animali in maggioranza domestici o di allevamento (maiale, capra, un piccolo bue, cane, cavallo) e selvatici ( cervo, cinghiale, orso bruno e tasso) più rari. Questo insieme costituiva la principale risorsa alimentare della comunità ed era anche fonte di materia prima per manufatti.
La caccia era emarginata ad attività sussidiaria e veniva praticata occasionalmente; il mancato ritrovamento di armi da lancio non fa che confermare questa deduzione. Le ricerche paleobotaniche su pollini, spore e carboni hanno dimostrato la presenza di piante che tuttora costituiscono le associazioni boscose del monte Valestra: castagno, quercia, carpino e pino silvestre.
** La speleologia:
Le profonde spaccature di origine tettonica, che si sono generate nel tempo nella struttura rocciosa della dorsale del monte Valestra, hanno dato origine a profonde e interessanti cavità naturali.
Alla base di spesse bancate arenacee, poco distanti dall’oratorio di S. Michele (monte Valestra), numerosi sono gli anfratti rocciosi, più o meno grandi e accessibili, tra i quali troviamo l’ingresso della “ Grotta F.Malavolti”, esplorata per la prima volta nel ’56 dal Gruppo Speleologico Emiliano del CAI di Modena e successivamente studiata dal Gruppo Speleologico Paletnologico “G. Chierici” di Reggio Emilia, cui si deve l’ultimo aggiornamento catastale.
Questo pozzo verticale di 72 metri di profondità ha uno sviluppo di 470 metri e tra le concrezioni calcaree presenta leggere stalagmiti.
La fauna ipogea annovera il raro Geotritone speleomantes, un anfibio che, nutrendosi di piccoli invertebrati, incontra qui l’habitat ideale.
Nella zona troviamo anche la “Grotta di S. Michele” e la “Grotta delle stalattiti”, con 60 metri di sviluppo e una profondità di 20 metri.
Sempre sul crinale balestrino, alla distanza di circa due chilometri dal monte S. Michele, si giunge all’oratorio di S. Maria Maddalena ed alla sottostante “Grotta del Diavolo”, una profondà cavità rocciosa caratterizzata da un ambiente adiacente l’ingresso e da un successivo stretto passaggio articolato tra pareti umide e viscide.
Tutte le grotte offrono notevoli motivi d’interesse, tuttavia le diverse difficoltà che si incontrano nei percorsi consigliano l’esplorazione solo se accompagnati da esperti speleologi e con adeguata attrezzatura.
da “Conoscere Carpineti” di Diva Valli e Stefania Beretti